Il presidente a Shipmag: “Nel 2023 ci aspettiamo sia un intervento per ridurre l’impatto sul 2022 che la sterilizzazione dei meccanismi perversi di rivalutazione dei canoni concessori”
Genova – “Stiamo valutando un provvedimento complesso e non vogliamo correre il rischio di giudizi affrettati”, spiega il presidente di Assiterminal Luca Becce a ShipMag ma dalla prima analisi delle linee guida del Mit sulle concessioni portuali emerge già un primo aspetto: “Siamo preoccupati che, ancora una volta, esca un quadro che tutto produce meno che semplificazione e responsabilizzazione degli attori del sistema”
Presidente, cosa cambia con queste linee guida del Mit?
“Stiamo analizzando il testo anche in relazione al Regolamento per avere un quadro chiaro del risultato e delle conseguenze applicative. Quello che al momento emerge, è che nella fretta redazionale non si sia tenuto in debito conto, anche considerando lo strumento normativo utilizzato dei ruoli e delle competenze in gioco tra i soggetti istituzionali. Siamo preoccupati che, ancora una volta, esca un quadro che tutto produce meno che semplificazione e responsabilizzazione degli attori del sistema”.
Quali sono gli aspetti negativi ? Quelli positivi ?
“Come detto prima, stiamo valutando un provvedimento complesso e non vogliamo correre il rischio di giudizi affrettati. Propongo quindi valutazioni in divenire che risultano da quello che ci pare avere inteso nel provvedimento. Facciamo due esempi: che una concessione demaniale sia regolata anche attraverso un PEF, che altrimenti può definirsi un “piano industriale” è corretto, essendo necessaria una valutazione dell’interesse pubblico nel rilascio al privato di un asset strategico del demanio portuale nazionale, ma l’impostazione del WACC sembra però più orientata a una concessione di interesse generale che a un contesto di libero mercato. Inoltre, le attribuzioni in capo ad ART sembrano aggiuntive rispetto all’impianto normativo attuale e deve essere meglio compreso in che direzione si voglia andare nell’equilibrio da poteri e funzioni dello Stato in questo settore. Abbiamo superato una fase di contrapposizione con ART, ma ciò non significa che possiamo salutare con soddisfazione un pericolo di snaturamento della funzione regolatoria che ART deve avere. L’impianto invece ci pare su questo punto confuso e foriero di interpretazioni che, come dicevo poc’anzi, possono generare confusioni e sovrapposizioni; l’opposto, insomma, della semplificazione e velocizzazione di cui il sistema ha bisogno”.
C’è stato davvero un cambio di passo da parte del Governo ?
“Ci sembra prematuro dare pagelle: siamo ancora in attesa delle definizione del problema dell’aumento dei canoni, e i tavoli che si sono aperti anche su temi di maggiore dettaglio sono ancora all’inizio …tuttavia ci sembra che non si stia procedendo in una direzione che auspichiamo: la ricostituzione di una struttura dedicata ai temi della portualità che non è più presente dai tempi del ministero Del Rio”.
C’è il rischio che non ci sia un allineamento tra l’Italia e Bruxelles?
“Molto dipende da che idea o progetto il Governo ha sul nostro settore e sulla logistica generalmente intesa. Si vuole promuovere un modello industriale? Quanto lo Stato vuole entrare nel merito delle dinamiche di produzione e sviluppo dell’industria, quanto vuole restarne fuori? Una volta capito questo, abbiamo le competenze adeguate per interloquire con Bruxelles? Non è solo un tema tecnico ma di quanto la politica supporti i tecnici nelle negoziazioni avendo chiari gli obiettivi che si vogliono perseguire, e quindi i margini di trattativa. Perché questo funzioni ci vuole una strategia che sia condivisa da tutti, diversamente si crea entropia e pezzi dello stato si portano a casa risultati per se stessi”.
Che 2023 sarà per i terminalisti italiani ?
“Si potrebbero rispondere tante cose, ma mi limito ad elencarne due: la sterilizzazione dei meccanismi perversi di rivalutazione dei canoni concessori con un intervento interpretativo sul 2023 che limiti i danni e uno definitivo per il 2024 e gli anni successivi che corregga le storture oggi presenti nella 400/93, e un tagliando serio della riforma della governance della portualità che corregga i punti che si sono rivelati non funzionali della 169 (comitati di gestione, tavoli di partenariato ad esempio), ma non contraddica il principio che condividemmo alla emanazione della riforma nel 2016: un governo della portualità che confermi la funzione nazionale e internazionale dei porti core del sistema italiano, eliminando le conflittualità tra le istanze istituzionali (soprattutto Stato/Regioni) e fornisca alla portualità una soluzione di governance coerente alla funzione che ha”.