Interviste Logistica

De Ruvo (Confetra): “Nel 2023 settore a rischio frenata, dal Governo ci aspettiamo misure concrete” / L’intervista

Il presidente a ShipMag: “C’è bisogno anche di una semplificazione amministrativa”

Milano – La tempesta perfetta tra aumenti dei costi delle materie prime e la guerra in Ucraina potrebbe dare uno scossone forte: “Molti analisti stimano che il 2023 sarà un anno di frenata per il settore del trasporto e della logistica a causa di molti problemi”, spiega a ShipMag Carlo De Ruvo, presidente di Confetra che si aspetta molto dal PNRR ma “dovrebbero essere collegate anche risorse che completino il disegno programmatico di trasformazione economica, sociale e tecnologica del Paese, intervenendo in modo più incisivo ed efficace su comparti strategici come trasporti e logistica delle merci, dedicando misure specifiche alla decarbonizzazione, alla digitalizzazione e all’innovazione tecnologica delle imprese”.

La situazione geopolitica internazionale ha condizionato il 2022 e continuerà a condizionare pesantemente il 2023: come sta rispondendo la catena logistica italiana e quali sono le prospettive per i prossimi mesi?

“La turbolenta situazione geopolitica causata dal conflitto russo-ucraino, che dura ormai da un anno, ha acuito alcune criticità già presenti a livello internazionale, tra cui un vertiginoso aumento dei prezzi dei beni energetici, con conseguente aumento dei costi operativi, rallentamenti nella catena logistica a livello internazionale e difficoltà a reperire energia e combustibili. Se nel 2022 la crescita del mercato della logistica è comunque proseguita con discreti risultati (secondo i dati Contract Logistics +2,8% rispetto al 2021, anno in cui era già stata registrata una forte ripresa dei volumi), molti analisti stimano che il 2023 sarà un anno di frenata per il settore del trasporto e della logistica a causa di problemi ormai strutturali, come la mancanza di autisti e macchinisti, l’inflazione e l’aumento dei costi delle materie prime, correlati ad una crisi energetica tutt’altro che conclusa e agli effetti delle sanzioni UE alla Russia, e le politiche monetarie restrittive decise dalle banche centrali. Il settore della logistica, nel quale convivono imprese che hanno investito in sistemi altamente automatizzati e digitalizzati e imprese che lavorano in maniera molto tradizionale, dovrà rispondere necessariamente unendo capacità di adattamento e innovazione per riuscire almeno a mantenere livelli crescita e produttività accettabili”.

Che cosa possiamo aspettarci, concretamente, dall’attuazione del Pnrr?

“Indubbiamente i 62 miliardi di euro assegnati dal PNRR (e dal PNC) al MIT per mobilità, infrastrutture e logistica sostenibili, sono risorse ingenti che, se utilizzate adeguatamente, potrebbero portare ad un profondo cambiamento dell’offerta di trasporto in tutto il Paese attraverso la creazione di infrastrutture più moderne e sostenibili. Le carenze infrastrutturali incidono fortemente sull’intera catena logistica e in particolare sulla distribuzione dell’ultimo miglio della logistica urbana, caratterizzata da enormi volumi di merci. Il PNRR può essere determinante per le prospettive logistiche del Paese, purché sia attuato nei tempi previsti, in modo adeguato e coerente con le previsioni di crescita a medio-lungo termine dei volumi di merci e secondo logiche di sostenibilità. È evidente che gli interventi infrastrutturali del PNRR-PNC, fortemente concentrati sul comparto ferroviario, sono importanti ma non bastano. Alla logistica sono riservate risorse solo per 250 milioni destinati ad adeguamenti tecnologici e digitali, dei quali 175 direttamente alle imprese logistiche. A nostro avviso al PNRR-PNC dovrebbero essere collegate risorse che completino il disegno programmatico di trasformazione economica, sociale e tecnologica del Paese, intervenendo in modo più incisivo ed efficace su comparti strategici come trasporti e logistica delle merci, dedicando misure specifiche alla decarbonizzazione, alla digitalizzazione e all’innovazione tecnologica delle imprese e alla semplificazione amministrativa”.

L’obbligo di una transizione green ha richiesto importanti investimenti anche, per non dire soprattutto, alle realtà private. Quali sono gli obiettivi raggiunti e quali sono i prossimi passi da fare?

“I trasporti rivestono un ruolo strategico essenziale per lo sviluppo economico ma, al tempo stesso, rappresentano uno dei settori economici che esercitano maggiori pressioni sulle risorse ambientali e naturali: pertanto l’obiettivo ambizioso della mobilità sostenibile è quello di conciliare il diritto alla mobilità con l’esigenza di contenere le esternalità negative associate al traffico; in altre parole, soddisfare le necessità attuali senza compromettere le esigenze delle generazioni future. Già nel 2020 la Confetra ha sottoscritto, con altre organizzazioni del settore, la Carta di Padova che è un manifesto che mira a dare indicazioni strategiche su come il sistema logistico dovrà affrontare il futuro nell’ottica della sostenibilità. Da un lato, è quindi imprescindibile assicurare il continuo sviluppo di un sistema di trasporto che soddisfi le esigenze dell’intera comunità ma, dall’altro, è necessario anche sostenere una politica industriale per affrontare la decarbonizzazione del trasporto, come richiesta dagli obiettivi europei e dagli impegni assunti a livello internazionale; le risorse da mettere in campo sono rilevanti, se si vuole realmente perseguire la sostenibilità e preservare e migliorare la competitività delle nostre imprese”.

Confetra rappresenta il settore che più di altri ha affrontato repentinamente prima la pandemia, poi la crisi internazionale. Crede che la vostra strategicità sia stata sufficientemente riconosciuta dalla politica e dall’opinione pubblica in questi anni?

“Da sempre la logistica e i trasporti rappresentano funzioni strategiche e fondamentali del nostro sistema economico e sociale, fondato soprattutto sugli scambi internazionali e la capacità di competere sui mercati europei e globali, al servizio delle imprese e della collettività. La pandemia ha reso evidente questo ruolo essenziale spesso dato per scontato e non adeguatamente valorizzato. Le imprese italiane esportatrici e importatrici di merci, e con esse le imprese che le movimentano, hanno reagito prontamente durante la pandemia, preservando il Paese dal disastro sociale ed economico, e ancor più dopo, facendo registrare per tutto il biennio 2021-2022 tassi di crescita più elevati dei nostri principali competitor europei e che solo nella seconda metà del 2022 si sono ridotti a causa di fattori completamente esogeni come la guerra e i prezzi energetici. Per troppo tempo e tuttora l’attenzione dell’opinione pubblica è posta quasi esclusivamente sulla necessità di aumentare l’offerta di infrastrutture, che sono senz’altro importanti e necessarie, ma da sole non bastano a rendere più competitivo il Paese”.

Quali dovrebbero essere, a suo avviso, le priorità del governo sul fronte della logistica e dei trasporti nel 2023?

“Innanzitutto, visione di sistema e semplificazione amministrativa, da intendersi come riduzione degli oneri burocratici e razionalizzazione delle procedure operative, tutti interventi a saldo zero che, nonostante ciò, tuttora incontrano resistenze da parte dell’apparato pubblico. Alle forze che compongono il nuovo Governo abbiamo presentato già in campagna elettorale una serie di richieste su alcuni temi fondamentali: dall’autotrasporto al trasporto marittimo, dal cargo aereo a quello ferroviario, dai servizi postali allo sportello unico doganale, dal PNRR all’alleggerimento della pressione fiscale, dalle politiche del lavoro alle semplificazioni.  In particolare, per quanto riguarda la portualità i problemi di competitività dell’Italia rispetto all’estero risalgono ad una riforma portuale rimasta ancora per molti aspetti inattuata. Permane l’assenza storica di una strategia nazionale per la portualità, in particolare sull’individuazione dei porti di interesse nazionale, che eviti la dispersione di risorse a pioggia, e sui criteri di selezione degli investimenti infrastrutturali e di valutazione dei piani regolatori dei porti, che non possono rappresentare entità disconnesse dal funzionamento del sistema economico e sociale. A distanza di quasi 30 anni dalla legge di riforma portuale (legge n. 84/1994), il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha finalmente adottato il decreto che stabilisce la disciplina per il rilascio delle concessioni demaniali, di cui all’art. 18 della stessa legge, e alla determinazione dei relativi canoni. Tuttavia, il provvedimento per la sua rilevanza e complessità pone una serie di questioni interpretative che dovrebbero essere sciolte quanto prima dal MIT, anche alla luce delle consultazioni in corso con le organizzazioni del settore, mentre per i canoni demaniali abbiamo bisogno di misure urgenti di congelamento degli adeguamenti all’inflazione, per evitare ripercussioni insostenibili su bilanci aziendali già alle prese incrementi rilevanti dei costi, a partire da quelli energetici. Un altro tema, sul quale abbiamo spesso posto l’attenzione e che auspichiamo possa entrare nell’agenda del nuovo Governo, è quello del cargo ferroviario, che in Italia rappresenta una quota di appena il 13%, a fronte della media europea ben più alta del 18% e ad un obiettivo di lungo termine del 30%; il settore ha bisogno di politiche e strumenti dedicati, che sostengano effettivamente lo shift modale, ma attualmente rischia di perdere ulteriori quote di mercato a causa del caro energia e della contraddizione secondo cui il ferroviario non è considerato energivoro, per cui agli operatori del settore, primi consumatori di energia elettrica, non è consentito l’accesso ai contributi riconosciuti alle imprese energivore. Un accenno, infine, all’importanza della formazione professionale per la logistica, un settore labour intensive per definizione, che ad ogni livello incontra difficoltà a trovare figure adeguate alle proprie necessità. Oggi è molto complicato far arrivare a un giovane informazioni sui fabbisogni occupazionali di tante figure professionali del trasporto e della logistica, come autisti, macchinisti, operatori terminalisti, spedizionieri internazionali e tanti altri; un grande aiuto in tal senso potrebbe arrivare dalle Scuole professionali, dagli Istituti Tecnici e dagli Istituti Tecnici Superiori, nel prevedere anche queste specializzazioni nei loro orientamenti professionali e interessare i giovani a queste opportunità lavorative”.

Carlo De Ruvo – Presidente Confetra