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Crociere, nuovo scontro Clia-Trump: “Gli Usa potrebbero perdere 51 miliardi di dollari”

Milano – L’industria delle crociere, ovunque ma negli Stati Uniti soprattutto, sta vivendo il momento probabilmente più difficile della sua storia. Non solo per l’emergenza Covid-19, che ha costretto tutte le compagnie a sospendere le operazioni accollandosi spese miliardarie senza, ad oggi, alcuna certezza su date e modalità di ripresa. A rendere il quadro ancora più fosco è il travagliato rapporto fra l’amministrazione Trump e le compagnie. Accusate prima di diffondere il virus, poi di non pagare le tasse federali appoggiandosi a bandiere di convenienza, i principali gruppi devono combattere ora con l’ordinanza che di fatto sospende la loro attività “fino a cento giorni”. In pratica, l’intera stagione estiva.

A difesa del settore è intervenuta la Clia, l’associazione delle principali compagnie cruise al mondo. “La nostra industria – spiegano i big delle crociere, rivolgendosi all’amministrazione Usa – da 50 anni si assume la responsabilità di proteggere la salute pubblica a bordo delle navi da crociera, lavorando sotto la guida e la direzione dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, il Dipartimento della salute e dei servizi umani e la Guardia costiera degli Stati Uniti, così come l’Organizzazione mondiale della sanità e altri enti. A tal fine, a marzo e aprile l’industria ha presentato alla Task Force Coronavirus della Casa Bianca proposte di vasta portata in termini di prevenzione, individuazione e cura e: si tratta di iniziative che sarebbero gestite e finanziate dall’industria”.

“Apprezziamo molto – ribadiscono le compagnie – il nostro rapporto con le autorità statunitensi e continueremo a lavorare con queste importanti agenzie nell’impegno condiviso di garantire la salute e la sicurezza dei passeggeri e dell’equipaggio, che è la priorità numero uno del settore. Tuttavia, siamo preoccupati per le conseguenze non intenzionali che il “No Sail Order” emesso il 9 aprile potrà provocare nel settore delle crociere, che è stato proattivo nella sua escalation dei protocolli sanitari e igienico-sanitari ed è stata una delle prime industrie ad annunciare una sospensione volontaria delle operazioni. L’attività di crociera supporta diversi settori dell’economia statunitense (trasporti, cibo e bevande, alloggio, produzione, agricoltura, agenzie di viaggio, oltre a una vasta gamma di industrie della catena di approvvigionamento e piccole imprese) che si estendono negli Stati Uniti”. 

“Se la sospensione della navigazione si estendesse ben oltre il tempo opportuno per riprendere l’attività, l’impatto economico potrebbe essere significativo: ogni giorno della sospensione si traduce in una perdita di impatto economico totale di circa 92 milioni di dollari e in una perdita di oltre 300 posti di lavoro americani diretti e 620 in totale. Col passare del tempo il ritmo di queste perdite aumenterà e potrebbe comportare una perdita totale per gli Stati Uniti di 51 miliardi di dollari, 173.000 posti di lavoro diretti e 343.000 in totale se l’Ordine dovesse rimanere in vigore per un anno”.

“E’ facile concentrarsi sul nostro settore, ma è dimostrato che la crociera non è né la fonte né la causa del virus o della sua diffusione. Ciò che rende diverso il nostro settore da altri sono i rigorosi requisiti di sicurezza applicabili alle navi, che non si applicano a luoghi simili a terra dove la diffusione di malattie trasmissibili è altrettanto diffusa. Sarebbe un falso presupposto collegare la maggiore visibilità a una più alta frequenza di infezioni”.