Vita Convertino, segretaria regionale Filt Cgil
Napoli – La CGIL ha ritenuto di dover lasciare il tavolo del 20.02.2020, convocato dopo la cessazione della linea Napoli-Catania, e a seguito di una accesa discussione che ha visto impegnate le rappresentanze sindacali ancora un volta sui temi del lavoro portuale.
La scelta di abbandonare l’incontro è dovuta ad una mancanza di azioni concrete da parte del Segretario Generale dell’AdSP del MTC, responsabile di tutte le operazioni e attività portuali in attuazione degli indirizzi programmatici e politici degli organi di vertice dell’Ente (Presidente e Comitato di Gestione), in un momento di crisi dell’art. 17, precipitata in questi giorni a causa dell’improvvisa sospensione della tratta merci Napoli/Catania. Il venir meno di questa linea contrae i volumi di traffico e conseguentemente il lavoro. Si teme seriamente per la tenuta economica degli articoli 17 e 16 e quindi occupazionale per i lavoratori che operano su quella linea.
Quando il sindacato pone un problema di perdita di posti di lavoro, il rappresentante di una istituzione pubblica preposta al governo di un porto non può rispondere che “l’Autorità Portuale non è un ufficio di collocamento ma che intensificherà i controlli” che tra l’altro rientra tra i compiti ordinari di un ente di governo di un porto. Ebbene chi gestisce e governa un porto dovrebbe ben sapere che l’obiettivo primario di un’Autorità Portuale, di un Presidente, di un Segretario Generale, a prescindere dai traffici, è quello di perseguire l’interesse pubblico che significa mantenere e creare occupazione.
Tema per il quale da oltre tre anni la FILT CGIL chiede risposte che ancora oggi non arrivano. Invero, continuiamo a raccogliere chiacchiere, promesse puntualmente disattese, deregolamentazione, comportamenti autarchici, confusione gestionale, violazione delle regole, insomma inadeguatezza e incompetenza generalizzata.
E’ sintomatico che un vettore decida di sopprimere una linea merci tra due porti importanti del meridione, che è stata strategica finora nell’economia portuale, senza fornire alcuna comunicazione all’AdSP!
Ma se da un lato continuano a diminuire i posti di lavoro (e da ben tre anni sia la Compagnia dei lavoratori Portuali di Napoli che la Compagnia di Salerno lamentano un continuo calo dei turni di lavoro richiesti) dall’altro l’Autorità si fregia di una crescita esponenziale dei traffici di Napoli e Salerno. I conti non tornano, il divario tra andamento dei traffici e impiego dei lavoratori è evidente.
E sono tre anni e più che la FILT CGIL, in ogni luogo istituzionale (tavolo di partenariato e commissione consultiva) invoca, denuncia la mancata identificazione e adozione degli strumenti previsti dalla legge 84/94 (correttivo porti) proprio a tutela dei lavoratori: primo fra tutti il Piano dell’Organico del Lavoro Portuale delle imprese ex art.16-17 della Legge 84/94, che continua ad esistere nella sua originaria e per noi inutile formulazione (oggetto di parere contrario da parte delle organizzazioni sindacali in seno al Tavolo di Partenariato) e il Piano di intervento per il lavoro portuale, di cui ancora, ad oltre tre anni dalla entrata in vigore del correttivo porti, non vi è la minima traccia.
Solo attraverso questi strumenti, dove sono riportati puntualmente gli organici delle imprese che operano in porto e i loro fabbisogni in previsione triennale, possono determinarsi le chiamate al lavoro dei lavoratori dell’art. 17 ma soprattutto si può bloccare ogni tentativo di uso illegale della manodopera.
In un Porto dove crescono le merci e i traffici mentre l’occupazione diminuisce, i lavoratori che scelgono di aderire al sindacato,in alcune realtà terminalistiche, si trovano discriminati e, è accaduto, licenziati in tronco. Licenziamenti ritenuti discriminatori dal Giudice del lavoro in più gradi di giudizio. In un Porto dove crescono le merci, il Contratto collettivo dei lavoratori dei porti è spesso disapplicato e violato, con l’obbligo a straordinari e turni e orari massacranti imposti ai lavoratori.