Interviste Porti Traghetti

Grimaldi continua a espandersi in Grecia: “Pronta l’offerta per il porto di Heraklion”

Il primo armatore italiano denuncia: “A Genova continuano a ostacolarci. Il terminal dove operiamo è saturo e invece di darci nuovi spazi ci tolgono 70 mila metri quadri. I traghetti passeggeri sono in mano a un unico soggetto monopolista, mentre a noi non ci fanno operare. Le proposte che ci fa il sindaco Bucci sono impraticabili. Come uscirne? Sedendosi a un tavolo e cercando una soluzione trasparente. In Italia c’è comunque un problema di concorrenza: abbiamo fatto ricorso all’Antitrust e all’Autorità dei Trasporti”

Genova – “I problemi si chiamano concorrenza, lavoro, continuità territoriale, autostrade del mare e sicurezza”. Manuel Grimaldi lo dice con forza dal palco del convegno organizzato venerdì a Genova da Claudio Burlando e lo ribadisce subito come premessa anche nell’intervista con Shipmag. Il leader del primo gruppo armatoriale italiano (“125 navi e 25 in costruzioni, 17 mila lavoratori, di cui 300 nei terminal di Genova e Savona, 5 miliardi di euro di fatturato”) si accalora denunciando l’ostruzionismo che riscontra nei suoi confronti sotto la Lanterna. Ma poi ritrova il suo aplomb partenopeo quando lo si porta a parlare di crescita e sviluppo e a disegnare scenari internazionali.
“Sento fare discorsi senza senso. Forse devo far distribuire più brochure sulle nostra attività. Ma lo sanno che sono terminalista a Barcellona, Valencia, Anversa? Che possediamo porti e abbiamo appena acquisito lo scalo di Igoumenitsa, la porta della Grecia sull’Adriatico? E non è finita qui”.
Ci dica, altre acquisizioni in vista?
“A giorni presenteremo ufficialmente l’offerta per il porto di Heraklion a Creta. E siamo fiduciosi di centrare l’obiettivo. Non stiamo fermi, non ci sediamo sugli allori”.
A Genova, invece? Si muove qualcosa, visto che ha finalmente incontrato il presidente della Regione, Giovanni Toti, e il sindaco Marco Bucci?
“Le due soluzioni che Bucci ci ha prospettato nell’incontro recente, e anche in passato, sono impraticabili nel breve tempo. Ci sono ostacoli da rimuovere e altri soggetti con i quali confrontarsi. La verità è che oggi portare la chimica a ponte Somalia significa ostacolare lo sviluppo che noi abbiamo avuto e dimostriamo di poter continuare ad avere. Noi movimentiamo oltre 250 mila camion più di 100 mila auto tra Genova e Savona, un record. I nostri terminal sono saturi, vorremmo crescere. E invece cosa fanno? Ci tolgono 70 mila metri quadri. Significa semplicemente toglierci il lavoro. Un controsenso. E non solo”
Si spieghi.
“Noi non possiamo trasportare passeggeri, perché il terminal è vicino ai depositi chimici già esistenti: è pericoloso, dicono. Così possono operare per la Sardegna i soliti noti, che alla fine fanno capo a un unico grande armatore”.
Si riferisce a Msc, che già controlla Grandi Navi Veloci e ha una partecipazione pesante in Tirrenia-Moby?
“Io sostengo che la concorrenza è un bene primario. Sa qual è il risultato? Che i genovesi, i milanesi, i torinesi che si imbarcano a Genova spendono di più rispetto a chi si imbarca a Civitavecchia o Napoli. E se ci costringono ad andarcene, a Genova resterà un monopolio di fatto”.
E allora?
“Credo che invece degli atti d’imperio sia necessario il dialogo costruttivo, trovare soluzioni che accontentino tutti. O meglio, tutti i traffici che meritano priorità. Trovare soluzioni che vengano incontro alle necessità delle imprese e che offrano soluzioni per il lavoro, non è di destra né di sinistra. Io non faccio questioni politiche. Eppoi il discorso è più ampio…”.
Si spieghi.
“Ma le pare possibile che a Livorno il 90% delle banchine facciano capo a un unico gruppo armatoriale?”.
Continua a far riferimento alla Msc di Aponte. Quindi secondo lei c’è un problema di concorrenza sui moli italiani?
“Lo sosteniamo da anni: bisogna aprire il mercato alla concorrenza. Ora finalmente qualcuno se n’è accorto… Ma per dieci anni c’è chi (Moby, ndr) ha beneficiato di sovvenzioni per 70 milioni l’anno, scese grazie alle nuove gare a 20. Questo è il discorso. Ma 70 milioni per dieci anni fanno 700 milioni: lasciamo perdere a che cosa sono serviti. Nel settore dei traghetti, sia passeggeri che ro ro, ci sono porti e rotte in Italia in mano a un unico soggetto. Insisto sull’esempio di Genova: i traghetti passeggeri sono tutti nelle mani di un unico soggetto, mentre a noi non ci lasciano operare. Non abbiamo intenzione, però, di restare a guardare”.

Che significa?

“Abbiamo promosso due iniziative: una all’Antitrust, l’Autorità garante per la concorrenza, l’altra all’Autorità di regolazione dei Trasporti. E non ci fermeremo qui”.
Lei continua a puntare il dito contro il gruppo di Vincenzo Onorato. C’è il il concordato di Moby e Compagnia Italiana di navigazione (basato sull’operazione che, in caso di via libera, vedrà l’ingresso nel capitale delle società di Onorato di Msc col 49% del capitale), però avete presentato ricorso al Tribunale di Milano.
“Tralasciando ogni altro discorso, c’è un fatto: chi ha provocato il disastro potrà riprendersi le navi, facendo un affarone, visto che la flotta è stata svalutata al 10% del valore. Non solo: nei confronti di questo soggetto sono state accertate condotte penalmente rilevanti, ci sono due Procure sul caso. Ma io dico: a uno che ha commesso gravi illeciti si ridà la flotta? Di fronte a rilevanti fatti penali, bisognerebbe riflettere”.
Tornando a Genova, il sindaco Bucci la invita a chiedere, visto il suo interesse, una concessione nel porto di Genova.
“Non è così che funziona. Io sono pronto a investire, ma te lo devono permettere. Pensa che la cosa mi turbi?”.
Grimaldi terminalista a Genova?
“Perché no? Lo sono già in Europa e non solo. Certo, se facessero le gare per le concessioni, parteciperemmo. Gestiamo terminal, abbiamo costruito porti e ne possediamoalcuni. Abbiamo professionalità riconosciuta. Il mio gruppo è stato votato fra le misiori aziende in cui lavorare, come Prada e Ferrari. Ma non mi sembra che, nonostante fiumi di parole, in realtà ci vogliano”.
Alla fine che cosa chiede a Genova?
“Di sederci attorno a un tavolo per discutere, in modo trasparente, dello sviluppo del porto, così come avviene nelle altre realtà in cui operiamo. Lo ripeto, le questioni da affrontare sono cinque: concorrenza, lavoro, continuità territoriale, autostrade del mare e sicurezza”.