Intervista a Gabriele “Bibop” Gresta, Amministratore Delegato di Hyperloop Italia, che racconta il progetto Hyper Transfer.
Genova – Quando la A1 venne costruita, il tempo di percorrenza tra Milano e Napoli scese drasticamente. Dagli oltre due giorni che servivano per collegare la capitale economica al cuore del Settentrione, si passò a circa 8 ore. Una vera rivoluzione, ben più che di tante novità del mondo dei trasporti che così vengono denominate. Ma che assomigliano a semplici miglioramenti. Il mondo degli hyperloop, invece, ricorda più da vicino il salto di qualità del Dopoguerra. “C’è il forte rischio che l’Italia sia la prima al mondo a costruire un sistema hyperloop completamente operativo. Sembra incredibile, ma il nostro Paese potrebbe essere il primo ad avere un sistema di collegamento ultra-rapido, nonostante una geografia così complessa”. Gabriele Gresta, conosciuto con lo pseudonimo di Bibop nel mondo imprenditoriale, è letteralmente euforico, nel commentare la vittoria del bando della Regione Veneto. La gara ha incoronato il consorzio che racchiude Hyperloop Italia, Leonardo Spa, WeBuild e Hyperloop Transportation Technologies per lo studio e la progettazione di Hyper Transfer, un sistema di trasporto ultra-rapido a guida automatica. Tradotto: le tre realtà – e la casa-madre californiana HTT – saranno le prime aziende al mondo a costruire un vero sistema hyperloop. Facciamo prima un passo indietro.

Del sistema di trasporto hyperloop si parla da tempo. Ma cos’è nel dettaglio?
“Hyperloop sfrutta la capacità di creare un vacuum all’interno di tubi sopraelevati a bassa pressione, in cui far viaggiare le capsule ad altissima velocità, senza l’attrito che può avere un treno. In sostanza, si tratta di far viaggiare dei “pod” alla velocità che hanno gli aerei, mettendo in relazione luoghi geografici molto distanti in un tempo ben minore rispetto al trasporto aereo. A livello di fattibilità, si tratta di rivoluzionare completamente il paradigma della mobilità. Hyperloop non è un sistema ultra-rapido, ma un sistema di trasporto estremamente efficace. Con in più il grande vantaggio di essere molto, molto veloce”.
Se ne parla da anni, ma tra difficoltà tecniche e pandemia, i render non si sono ancora tradotti in qualcosa di reale. Cosa sta cambiando?
“Nel 2018 io ero CEO di HTT, e vivevo in California. Lì vivevamo un grande momento di crescita e di sviluppo del tema, ma chiaramente si guardava ai grandi spazi del Medio Oriente, dell’Australia, dell’Asia Centrale. Mi venne a trovare una delegazione italiana, capitanata dall’Anas e dalla Regione Veneto. Quando mi dissero che volevano costruire un hyperloop nel Nord-Est, esplosi a ridere. Un progetto complesso, conoscendo poi tutte le difficoltà burocratiche italiane. Eppure, venne fuori un dettaglio molto particolare, che mi incuriosì e che poi mi spinse a sganciarmi da HTT per fondare Hyperloop Italia, che oggi dirigo. In Italia, nella fase di costruzione delle ferrovie e dei tracciati autostradali, esiste uno spazio compreso tra i 20 e i 60 metri che non è utilizzabile. Un “corridoio relitto”, cosiddetto, che non ha alcuna utilità. Ma che si estende per circa 12.000 chilometri complessivi in Italia, uno spazio che si vuole colmare con la costruzione di hyperloop”.
E dopo un’idea vaga, adesso Hyperloop Italia è in un consorzio di primo livello per la costruzione reale del progetto. Andando nel concreto, parliamo di trasporto passeggeri o merci?
“Hyper Transfer andrà a concentrarsi primariamente nel trasporto di merci, di container per la precisione. La gara, proposta da CAV (Concessioni Autostradali Venete), ha scelto il nostro progetto nonostante ci fossero consorzi concorrenti con tutte le altre sei maggiori aziende del settore nel mondo. E che i loro partner fossero colossi come Airbus. Ma abbiamo vinto noi, e andremo a gettare le basi per una prima tratta tra l’Interporto di Padova e il porto di Venezia”. L’iter, avviato nel Marzo 2022 con la sottoscrizione del Protocollo d’intesa tra il MIT, la Regione Veneto e Concessioni Autostradali Venete, è stato il primo passaggio. Nell’Aprile 2022 è stata avviata la procedura di Partenariato per l’Innovazione, con la pubblicazione del bando di prequalifica finalizzato a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte degli operatori di mercato interessati.

Quando dovrebbe essere pronta l’infrastruttura, e quali sono i numeri dell’opera?
“Contiamo di avere già qualcosa da mostrare di reale per le olimpiadi del 2026, ma verosimilmente la rete hyperloop sarà pronta tra il 2028 e il 2029. Ma sarà solo una prima fase, perché stiamo interloquendo anche con altre tre regioni, e la Puglia ha recentemente annunciato un nuovo piano di fattibilità. Non stiamo parlando di un semplice acceleratore di movimento, ma di una riproposizione generale del mondo della logistica. Costruire un hyperloop è molto più economico che costruire una tratta di alta velocità, e il sistema può sopportare pendenze del 10% e ha una caratteristica di curvatura molto più flessibile. Una volta costruita l’infrastruttura, dentro posso far viaggiare capsule che trasportano rifiuti, merci o persone – con ovviamente dinamiche e procedure differenti. Ma non serve altro. E in più, è a impatto zero perché non solo non brucia energia, ma anzi la genera”.
Quindi il porto di Venezia potrebbe diventare un hub di trasporto ultra-veloce anche per i container? E quali sono le direzioni su cui si muoverebbe?
“Parliamo di un potenziale di 4.000 TEU al giorno, il che significa lavorare con un sistema pulito che in più toglie migliaia di camion dalle autostrade ogni giorno. A livello economico, siamo vicini al costo-opportunità del treno diesel. Ma noi andiamo anche verso la possibilità di rinunciare a tutti gli snodi logistici, perché possiamo far arrivare praticamente ovunque la merce, una volta che avremo una rete capillare. Se pensiamo che a livello mondiale si perde circa il 30% del carico food durante il trasporto, possiamo fare una vera rivoluzione. Usando cose che già abbiamo. La vera disruption è fare davvero just in time su quasi tutta l’Europa senza bisogno di fare micro-distribuzione. Al 2030 un quarto delle autostrade italiane saranno sature“.
E, ricorda ancora Gresta nel suo libro sul tema, parlando di porti: “I movimenti di merci con il sistema HyperPort creeranno nuovi modelli di business che si basano su modalità di trasporto più veloci ed efficienti. Spostare la circolazione dei materiali attraverso tali reti andrà anche a vantaggio delle infrastrutture di trasporto tradizionali lungo le principali arterie stradali riducendo la congestione, il rumore e l’inquinamento”. Partendo dal Veneto.
Leonardo Parigi