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La Madre di tutte le “Fasi”? Sburocratizzare ed eliminare ridondanze: l’esempio delle manovre ferroviarie in porto

In questi giorni si continua a leggere di come uscire dall’emergenza COVID-19: posto che, per ora, non ci paiono così ben delineate le diverse proposte, una cosa viene data per certa, e cioè che avremo diverse “Fasi”.
Da tempo siamo nella Fase 1, e forse senza ancora uscire dalla stessa passeremo alla Fase 2, poi alla 3 e così via. È il modo mediatico per annunciare le modalità di ripartenza, per ora purtroppo nebulose, del Paese.


Mi permetto sommessamente di aggiungere alle varie numerazioni una “Fase” che credo sarebbe apprezzata da tutti, e comunque dalle imprese, dai lavoratori e dai cittadini.
In particolare, è fondamentale usare l’urgenza e la fondamentale importanza di uscire da questa situazione emergenziale provvedendo in tempi rapidissimi anche a un disboscamento e ristrutturazione dei livelli di governance (si fa per dire) che letteralmente asfissiano il nostro sistema, incluso ovviamente il settore portuale e logistico.

Da tempo sostengo l’assoluta necessità di semplificare i livelli decisionali, orizzontali e verticali, che negli anni si sono stratificati. E lo sostengo con particolare riferimento al nostro comparto.
Se all’inizio degli anni 90 del secolo scorso Giuliano Amato parlava già di “foresta pietrificata” per indicare i mali della nostra organizzazione decisionale, e della selva di adempimenti creati dalla legge e “rimbalzati” sulla P.A., a trent’anni da quell’aforisma la foresta è letteralmente esplosa. E purtroppo non è neppure una di quelle foreste che almeno servono per abbassare le emissioni di gas serra.


Potestà regionali, autorità costituite con leggi per nulla coordinate tra loro, sovrapposizioni di competenze tra esse e tra le diverse articolazioni ministeriali, creano inevitabili incertezze nelle rispettive prerogative, nella prevedibilità dei comportamenti, rendendo la vita degli operatori un vero Vietnam giuridico-economico: così si rallenta qualsiasi processo decisionale, non si consente di definire procedimenti amministrativi, non ci si assumono le doverose responsabilità amministrative. Le non decisioni, o il tempo smisurato che occorre per assumerle, danneggiano irrimediabilmente le imprese, le quali, invece di sviluppare attività e creare valore e lavoro, debbono districarsi in labirinti giuridici senza uscita, e invero senza molto senso.


In un settore fortemente esposto alla concorrenza straniera, che viaggia a ben più alte velocità, la nostra filiera logistica non poteva già prima sopportare il peso aggiuntivo di tutto questo, e tanto meno si può pensare di sostenerlo oggi e domani, se si vuole provare a recuperare qualcosa.
Un tale stato delle regole porta con sé diverse aggravanti: l’assenza di coordinamento finisce per rendere autoreferenziali le diverse amministrazioni, autorità o agenzie, ognuna titolata ad adottare atti di iniziativa propria senza confrontarsi con altri. Questa cacofonia normativa e regolatoria viene inoltre peggiorata da atti estranei al sistema delle fonti (come le “linee guida”, le “misure”), e finanche ai poteri conferiti dalla legge a queste autorità. È vero che della loro forza giuridica hanno reso giustizia alcune sentenze dei giudici amministrativi, ma la cattiva abitudine alla iper-regolazione, e all’invasione delle competenze, comunque continua, e continua altresì a complicare il quadro di riferimento.


E se è inevitabile, per il secondo principio della termodinamica, che l’entropia cresca sempre, in Italia questo processo sembra alimentato con certosina abnegazione.
Un esempio emblematico riguarda le ferrovie nei porti: il servizio ferroviario in porto (le cd. manovre ferroviarie) è affidato in concessione a un operatore SIEG, che svolge il servizio a beneficio di tutti gli operatori portuali. Il concessionario, essendo regolato dall’AdSP competente, è già soggetto a una disciplina adottata da quest’ultima, che si applica anche ai – e nei – terminal.
Questo essendo lo scenario, ci si attenderebbe che, nella misura in cui l’ART debba occuparsi di accesso agli impianti ferroviari da parte delle imprese ferroviarie, essa si coordini con le AdSP (o con la loro Conferenza nazionale ex art. 11-ter della l. n. 84/1994), e nel rispetto del principio di leale cooperazione, possa o rinunciare tout court a occuparsene, rinviando per competenza alla specifica regolazione esistente in ambito portuale, ovvero, quanto meno, tenga conto delle indicazioni al riguardo dalla lex specialis, e disciplini l’accesso agli impianti ferroviari nei porti in coerenza con quanto già previsto dalla l. n. 84/1994.


Invece no. Dopo aver come solito sollecitato “nel web” contributi degli “interessati” su bozze di provvedimento (noncurante dell’esistenza di precise competenze attribuite per legge alle AdSP), l’ART ha prodotto corposo testo di oltre 20 pagine, contenente le “Misure concernenti l’accesso agli impianti di servizio e ai servizi ferroviari”, e lo intende applicare ai terminalisti nella qualità di “gestori” degli impianti ferroviari. Il testo è di lettura non agevole dall’angolo visuale degli operatori portuali, specie perché, appunto, non in grado di fotografare la reale situazione dei terminal rispetto a una loro teorica definizione di “impianti ferroviari”, a tacere, sempre con rispetto parlando, del fatto che esso sia anche ridondante rispetto ai contenuti delle norme UE in argomento (direttiva 2012/34 e regolamento 2017/2177), che basterebbero a orientare l’interprete e il destinatario delle norme.
Mi consta che molti terminal portuali non abbiano esattamente compreso cosa poter o dover fare di queste “misure”, perché esse si sovrappongono largamente ai regolamenti per la gestione delle manovre in porto. Con conseguenti difficoltà di adempimento, dovendo i primi gestire quotidianamente le manovre dei treni con le infrastrutture esistenti (spesso insufficienti) e il modello già previsto a livello AdSP. Esulando per un istante dalla surreale situazione normativa, e dal fatto che i terminal portuali non sono regolati, ma operano in concorrenza (dunque l’ART parrebbe del tutto non poter esprimere competenze in materia), le manovre in porto sono una cosa semplice: c’è un gestore unico, individuato con procedure trasparenti, che offre a tariffa regolata il servizio di manovra, entra in tutti i terminal (spesso a binario unico), preleva i carri pieni, porta i vuoti, e li consegna poi al raccordo in concessione a RFI.
In un mondo normale, questa situazione dovrebbe essere compresa, semplicemente “ritraendo” l’ambito di operatività delle competenze ART, che dovrebbero fermarsi appunto all’impianto ferroviario gestito da RFI. Beninteso: fatto salvo ogni potere regolatorio in caso le AdSP non provvedano a fare quanto scritto nella l. n. 84/1994.


Così, invece di interpretare le regole in modo funzionale ed efficace, settore imperversare un altro dogma, quello dell’espansione delle competenze in astratto, delle invasioni di campo, delle prove di forza in danno degli operatori. Con una criticabile visione teorica e non concreta dei problemi, che fa apparire fine a sé stessa l’azione amministrativa, mostrandosi così il peggio della “burocrazia”.
Non sappiamo come andrà a finire la lotta tra ART, AdSP e raccordi ferroviari nei porti. Forse dinanzi al solito TAR. Ma con buona pace degli avvocati, è fin troppo ovvio che non possiamo avere un giudice a fianco di ogni impresa: semplicemente, non ce lo possiamo permettere.
Mi consta che nell’attuale Governo non vi siano Ministri o Sottosegretari alla semplificazione. Forse non avremmo bisogno neppure di nominarli, essendo questa un’azione di Governo tanto implicita quanto doverosamente urgentissima.


Ma se anche qui non volessimo trovare le competenze interne alla struttura di Governo e ai Ministeri, tra le nutrite e numerose commissioni di cd. superesperti da nominarsi per fronteggiare il pre-, il post- o semplicemente il COVID-19 in medias res, quella che davvero ci servirebbe è una commissione che, con pazienza, ma determinazione feroce, disboschi la già citata foresta pietrificata e offra al Parlamento un programma ambizioso di semplificazione normativa, da attuarsi subito. Sarà, come scrivevo, la Madre di tutte le “Fasi”.
Francesco Munari – Ordinario di diritto dell’Unione europea – Avvocato