“C’era la nebbia, è stato un turno impegnativo”. Roberta Coppa, pilota del porto di Venezia, è tornata a casa alle 4.30 di mattina e alle 15 è pronta a riprendere servizio. “I turni sono pesanti, poi ti abitui. Però, è il mio lavoro e mi piace farlo”, aggiunge con tono rassicurante. Lei e Teresa Matarese sono le uniche due donne che fanno parte della squadra della Federazione italiana dei piloti dei porti (Fedepiloti) su un organico di 212 professionisti effettivi.
“Siamo solo due perché il mondo del mare continua ad essere quasi ad esclusivo appannaggio degli uomini”, ammette Roberta confermando il dato che emerge nell’ultimo rapporto della International Chamber of Shipping da cui si evince che su 200 compagnie di navigazione solo il 7,5% dei marittimi imbarcati risulta donna. “Purtroppo, è così. Qualcosa è cambiato in meglio negli ultimi anni, ma ancora troppo poco visto che il divario tra uomini e donne è sempre molto ampio”.
Come ha iniziato?
“Sono nata in Piemonte, provengo da una famiglia di professionisti, e nessuno ha legami stretti con il mare. Sono cresciuta tra Valle d’Aosta e Liguria, la passione è nata tra Alassio ed Albenga, quando in estate andavo a trovare i nonni. Mi sono avvicinata al mare alle Superiori iscrivendomi al Nautico di Imperia. Il primo passo era quella di imbarcarmi su una nave”.
Ha avuto difficoltà a trovare il primo imbarco?
“Molte. Ho iniziato con un imbarco studio durante l’estate. Questo mi ha permesso di salire per la prima volta su una nave e di lavorare all’interno di una compagnia, Adriatica di Navigazione. Poi, al momento dell’assunzione da allievo ufficiale sono iniziati i problemi seri”.

Che anni erano?
“Anni Novanta, in quel periodo tante compagnie non avevano personale femminile. La diffidenza nei confronti delle donne era molto forte. Però, non mi sono scoraggiata e ho inviato curriculum ovunque. La mia perseveranza è stata ripagata con due chiamate, Lloyd Triestino e Adriatica di Navigazione, che mi hanno proposto un contratto da allievo ufficiale. Ho optato per la seconda compagnia. Qui ho fatto tutto il percorso professionale necessario per partecipare al concorso da pilota”.
Durante il suo percorso professionale che tipo di problemi ha dovuto affrontare e superare?
“La principale difficoltà è sempre stata ed è quella di dover dimostrare ogni giorno di essere all’altezza degli uomini, soprattutto dal punto di vista fisico. Questo atteggiamento ti costringe a costruire una corazza, una sorta di autodifesa verso l’esterno. Però, devo dire che nel corso degli anni ho avuto tante soddisfazioni perché il mio lavoro è sempre stato riconosciuto dai miei superiori. E poi i comandanti delle navi di tutto con cui lavoro mi hanno accettano e mi accettano sempre molto volentieri”.
Rispetto ai suoi esordi oggi le opportunità sono maggiori per le donne?
“Direi di sì, oggi tante compagnie di navigazione, soprattutto passeggeri, cercano donne da inserire nei loro equipaggi. Però, troppo spesso lo fanno più per una questione di immagine e di opportunità che per meriti. E questo un pò dispiace”.
Perché ha deciso di intraprendere la professione da pilota?
“Perché rappresenta un punto di arrivo per chi naviga. Ho partecipato a tre concorsi: Olbia, Taranto e Venezia. Ho vinto quello per il porto di Venezia-Marghera, il primo dicembre 2004 sono stata chiamata per prendere servizio”.
E’ duro come lavoro per una donna?
“E’ impegnativo dal punto di vista fisico e mentale, perché ti devi arrampicare su e giù dalla biscaglina. Le condizioni metereologiche non sempre sono favorevoli, anzi. Poi, ci sono i turni: il porto non dorme mai, è operativo h24. I piloti, in ogni momento, sono addestranti per essere pronti ad intervenire, mantenere la calma e trasmetterla agli altri anche nelle situazioni più difficili”.

Come riesce a conciliare lavoro, figli e famiglia?
“Non è assolutamente facile, io poi ho una complicazione in più: il mio compagno è il capo dei rimorchiatori del porto di Venezia. I suoi turni si aggiungono ai miei. Tuttavia, riusciamo a conciliare il nostro lavoro con la famiglia anche perché abbiamo un figlio di 7 anni, quindi la nostra presenza in casa diventa fondamentale. Ripeto, non è semplice però con la giusta organizzazione tutto è possibile”.
Cosa vorrebbe cambiare nel sistema portuale italiano per mettere le donne sullo stesso livello degli uomini?
“Farei partecipare di più le donne che provengono dal mondo della navigazione alla vita dei porti. Ad esempio, una volta le donne potevamo entrare nella Guardia Costiera poi hanno bloccato i concorsi. Peccato. Prendiamo il caso della mia professione: i piloti sono i più competitivi al mondo, hanno meno incidentalità rispetto agli altri, costano meno e sono i più produttivi. Per quale motivo un profilo di questo tipo non può essere utile anche in altri ambiti portuali?”.
Quale suggerimento si sente di dare ad una donna che vuole intraprendere la sua professione?
“Mi hanno sempre consigliato di studiare e di fare altro. D’istinto, paradossalmente, è la risposta che darei anch’io: perché la nostra è una professione dura e ci vuole grande forza di carattere. Solo chi ha la giusta tempra può pensare di diventare pilota. Tuttavia, anche in un lavoro così fisico, è importante che le donne restino tali senza perdere la propri femminilità, perché solo così riusciamo a portare qualcosa in più alla nostra professione”.