Interviste Logistica Porti

Maresca: “Logistica e ferrovia, servono interventi infrastrutturali da Savona a Livorno” / Intervista

“E’ chiaro che oggi il trasporto merci non e più incentrato sui porti ma sui 4/5 valichi”

Genova – Dal ruolo delle AdSP a quello del trasporto su rotaia, dalle alleanze future con la Cina alla debolezza dell’Ue. Ne abbiamo parlato, a 360 gradi, con il professor Maurizio Maresca, fra le voci più autorevoli in materia di politiche comunitarie dei trasporti e dello shipping.

Professore, che cosa pensa del dibattito sul futuro ruolo delle AdSP?
“Non credo ci siano ancora le idee chiare per una riforma della legge  84. Tanto più non vedo studi indipendenti. Speriamo che il 2023 sia un anno in cui si sviluppa una proposta seria”.

Spesso, quando si parla di governance portuale, il primo confronto si fa con i grandi porti del Nord Europa. Ma ha davvero senso questo parallelo?
“Certo, a fronte del disegno originario di cui alla legge 84, che vedeva un’autorità portuale indipendente persino rispetto al governo centrale, le cose sono molto cambiate. In primo luogo l’autorità diventa impresa: pubblica ma impresa. Non più quindi un soggetto che governa il mercato ma un soggetto del mercato (regolata come una impresa). Se guardiamo alla realtà certo Trieste, a prescindere dalla sua natura per il diritto interno, è una eccellente impresa di traffico che investe in alleanze, costruisce società che prestano servizi e promuove imprese che operano con successo nelle infrastrutture ferroviarie. Se risolvesse i suoi problemi di capacità ricettiva contenitori a breve (e non si capisce perché il Pnrr non abbia dato una risposta) sarebbe molto significativa anche rispetto alla crescita di Koper e Rjieka. Gli altri porti italiani sono gestiti, anche bene, ma in modo tradizionale e cioè da burocrati, professori, militari o politici. Non come imprese ma come enti di amministrazione e regolazione pubblica che si occupano – come prevede la L. 84 – della costruzione delle infrastrutture e del controllo e regolazione delle imprese che operano nel mercato. In secondo luogo, il d.lgs. 169 ha formalmente asservito le autorità portuali alla politica dei trasporti nazionale. Prima erano solo vigilate, oggi sono poste sotto la direzione del ministero che esprime indirizzi e direttive. Una scelta molto forte che, ad esempio, ha suscitato le critiche di Giuliano Gallanti molto favorevole all’autonomia. Il problema è che il Mit non ha mai esercitato i suoi poteri di politica dei trasporti. Nella riforma, che si mantenga l’attuale configurazione di ente pubblico oppure si vada verso un sistema societario, deve essere chiaro cosa si vuole dell’autorità. Nello scegliere è necessario considerare che il trasporto marittimo e ferroviario di mobilità e sempre più in mano a due / tre organizzazioni di traffico che verticalizzano la loro attività entrando in mercati diversi e che d’intesa fra loro organizzano i traffici internazionali. Inoltre è inevitabile che, al di là delle autorità portuali, il nord est ed il nord ovest rappresentano due mercati da coordinare. Il primo in virtù di una agenzia internazionale fra Italia Slovenia e Croazia consentita dal trattato Ue; il secondo con una misura nazionale”. 

Lei è sempre stato fra i più convinti promotori del trasporto su rotaia. Come giudica la qualità dei servizi ferroviari derivati alla merce in Italia?
“E’ chiaro che oggi il trasporto merci non e più incentrato sui porti ma sui 4/5 valichi (Frejus, Loetchberg/Gottardo, Brennero, Koralm/Semmering). Eccellente è il servizio ferroviario nel nord est grazie a Trieste (che è molto più un’area logistica che un porto). Importanti investimenti nella logistica vanno ora compiuti fra Savona, Genova, La Spezia e Livorno. Una collaborazione fra Mercitalia, Medways , Sbb e Hupac sarebbe molto importante. Alpe Adria è pronta e collaborare”.

Qual è il suo pensiero a proposito della presenza di soggetti cinesi nella portualità europea, tema che ultimamente ha prodotto diverse polemiche?
“Sono un professore di diritto internazionale, non un politico. Dal mio angolo visuale posso dire che dopo il fallito tentativo Franco tedesco del 2017/2019 di costruire una politica industriale europea che si giustapponesse a Cina e America, gli istituti classici del diritto internazionale dell’economia sono in crisi (Wto, Gatt, Fmi e la stessa Ue). Se guardiamo ad uno sviluppo a trenta quaranta anni è difficile sostenere che le cose non saranno cambiate e che il ruolo della Cina non sarà decisivo (e serio rispetto ai tentativi un po’ curiosi che hanno connotato i famosi MoU del 2019). Il tema è molto delicato per un paese come il nostro (debole dal punto di vista dei conti pubblici e quindi incapace di scelte di politica industriale). Però occorrerà farsi carico di questo aspetto almeno per quanto riguarda la logistica e la connessa industria di trasformazione del nord ovest e del nord est. Anche immaginando operazioni di sistema governate dal pubblico (perché altrimenti queste operazioni saranno fatte dai privati malgrado il pubblico). D’altra parte Macron ha aperto alla collaborazione con la Cina proprio partendo dalle costruzioni navali, dal militare e dall’energia”.