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“No, la pandemia non ucciderà la globalizzazione”

Milano – Per l’economista Pierre-Cyrille Hautcoeur, professore alla Scuola di Economia di Parigi e specialista in storia monetaria e finanziaria del XIX e XX secolo, la diffusione del virus nei paesi poveri, priva di protezione sociale e di adeguati sistemi sanitari, potrebbe causare danni colossali, ma non metterà in discussione la globalizzazione. Lo ha detto in una lunga intervista a La Tribune, di cui riportiamo alcuni passaggi.

Globalizzazione
“Sarei cauto ad affermare che la globalizzazione declinerà spontaneamente a causa del Coronavirus. Nonostante tutto, i Paesi rimangono molto interdipendenti e il costo di una brutale deglobalizzazione sarebbe molto elevato. Allo stesso tempo, la pandemia può accelerare i processi desiderati o ritenuti desiderabili. I cittadini vivranno nuove situazioni ritenute fino a ieri impossibili, come l’interruzione del traffico a Parigi, una decisione inimmaginabile non molto tempo fa. Questa crisi può far maturare la consapevolezza di un universo di possibilità più ampio di quanto pensassimo. Ad esempio si potrebbe accelerare la conversione dell’industria automobilistica verso quella elettrica”.

Scelte di rottura
“Al di là dell’ambiente, stanno avvenendo cose recentemente impossibili: molte banche, sotto la pressione delle banche centrali, rinunciano a pagare dividendi. Allo stesso modo, le autorità pubbliche possono adottare misure senza precedenti ed essere tentate di perseguirle. Ma ciò può andare in diverse direzioni, con conseguenze politiche molto diverse: le crisi sono momenti di biforcazione, accelerazione del cambiamento, irreversibilità. I governi possono essere tentati di generalizzare questo tipo di soluzione, con il grosso rischio che determinate eccezioni diventino la regola anche dopo il superamento dell’emergenza”.

Possibili conflitti fra Paesi
“Le scelte politiche fatte intorno alla reazione all’epidemia possono anche portare a divergenze o persino a conflitti tra Paesi. A brevissimo termine, vedremo governi che riservano a se stessi le scorte di mascherine o medicine, o addirittura si approprieranno di quelle di altri, ma questo non è il fatto più grave: è possibile che gli Stati finiscano col divergere sulla risposta economica alla crisi, in particolare sulla misura in cui si fanno carico delle entrate perse dalle imprese, dei disoccupati o dei lavoratori a tempo ridotto. Perfino l’Europa non è immune. La questione della mutualizzazione dei debiti può provocare profonde divisioni in Europa, rafforzate dalla crisi in quanto i Paesi del sud sono, per il momento, i più colpiti dalla crisi”.

La questione del reddito
“Oggi, la reazione politica alla crisi deve senza dubbio comportare una ridistribuzione del reddito. Probabilmente non è possibile, come alcuni vorrebbero, prendere tempo, tardare a pensare a chi pagherà per questa crisi. Sta diventando sempre più evidente che coloro che stanno compiendo sforzi di fronte alla pandemia non sono quelli che hanno beneficiato della globalizzazione e che i suoi beneficiari dovranno assumersi le conseguenze delle loro scelte politicamente e finanziariamente. Tutto dipenderà dalla portata e dalla durata della crisi, e in particolare dalla percezione da parte della gente del legame tra le politiche precedenti, le reazioni politiche alla crisi e la sua gravità”.