Crociere Primo Piano

“Non pagano le tasse qui”: l’America esclude i big delle crociere dal maxi-piano di aiuti

Miami – Un repentino cambio di rotta dell’amministrazione Usa ha escluso le compagnie crocieristiche dal massiccio piano di sostegno all’economia voluto dal presidente Donald Trump. Si tratta di aiuti pari a 2 trilioni di dollari in votazione oggi ma che, secondo quanto racconta il Wall Street Journal, non include i big delle crociere fra i beneficiari.

Sebbene le crociere siano state drammaticamente colpite dalla pandemia di Coronavirus, in egual misura a compagnie aeree e alberghi, il pacchetto di aiuti in esame alla Camera americana pare escluderle dalla lunga lista di chi potrà accedere al sostegno pubblico. Il motivo è semplice. Per accedere agli aiuti le aziende devono dimostrare due caratteristiche: essere state costituite negli Stati Uniti e avere la maggioranza dei dipendenti sul territorio americano. Fattori che escludono compagnie come Carnival Corporation, Norwegian Cruise Line Holdings e Royal Caribbean Cruises.

Non è stata sufficiente la raccomandazione di Trump in persona affinché l’industria crocieristica fosse sostenuta dal Congresso. Ma è anche vero che il presidente, nel definire “strategica” la presenza dei colossi delle crociere negli States, aveva aggiunto: “Mi rendo conto che in questo momento aiutare aziende che hanno sede all’estero sia difficile. Sarebbe bello se queste aziende si registrassero nel nostro Paese e pagassero qui le tasse federali”. L’idea di aiutare le compagnie era stata duramente contestata sia dai Democratici sia dai principali sindacati americani.

Porta definitivamente chiusa, quindi? Assolutamente no. Perché nella politica si sta facendo strada il piano B: aiutare indirettamente i big delle crociere in virtù del forte legame esistente con le piccole e medie imprese americane. Il senatore Dan Sullivan (Alaska) ha affermato, per esempio, che è proprio “grazie alle compagnie se il turismo si è sviluppato in molti dei nostri Stati, come l’Alaska”. E c’è chi sta facendo notare che, pur essendo le compagnie e le loro navi registrate all’estero, e gli equipaggi totalmente stranieri, buona parte delle tasse (come quelle portuali) vengono pagate in loco.

Nel 2019 Carnival, società costituita a Panama e quotata negli States e nel Regno Unito, ha fatturato 20,83 miliardi di dollari e pagato 71 milioni di tasse; Royal Caribbean, registrata in Liberia, ha pagato 32,6 milioni su un fatturato di 6,46 miliardi. Secondo la Clia, associazione delle principali linee al mondo, le compagnie hanno però generato un volume di affari di 53 miliardi di dollari nel 2018.