Editoriale del Direttore

Piano del mare, blitz e restaurazione

Da che mondo è mondo, i blitz in Italia si fanno in agosto. Qualcuno ricorda le scalate alla Bi-Invest della famiglia Bonomi, seguita, l’anno dopo, dalla presa della Montedison? Poche rapide mosse, bocche cucite, risultato assicurato, con il fior fiore del capitalismo nostrano distratto dalle mollezze estive e spiazzato da un gruppetto di spregiudicati rider he dimostrarono quanto il re fosse nudo.
Fatte le debite differenze, anche sul fronte marittimo-portuale è avvenuto un vero e proprio blitz, dopo mesi di lavoro sott’acqua, a opera del ministro del Mare, Nello Musumeci. Oddio, considerando che il politico siciliano di Fratelli d’Italia non è poi così agile e scattante, e neppure possiede grande familiarità con la materia, è evidente che sia stato adeguatamente consigliato, probabilmente da alcuni “tecnici” opportunamente piazzati fra i dieci esperti che lo hanno coadiuvato nella stesura Piano nazionale del mare. Fatto sta che mentre il ministro Matteo Salvini e il suo vice Edoardo Rixi passavano da un convegno a un’inaugurazione rilanciando il solito refrain “stiamo preparando la riforma dei porti”, senza produrre nulla di concreto, Musumeci ha fatto approvare dal Cipom, il Comitato interministeriale per le politiche del mare, le sue linee guida da trasmettere a governo e Parlamento. Andrà in Consiglio dei Ministri e approvandolo diventerà indirizzo del governo.
Basta scorrere i capitoli del Piano di Musumeci per capire che si tratta di una entrata a gamba tesa su prerogative, compiti e deleghe del Mit del duo leghista Salvini/Rixi. Quando si formò il governo Meloni, ci fu un duro scontro sulle deleghe da assegnare al ministero del Mare. Salvini pretese e ottenne che le deleghe in materia di porti e Capitanerie restassero al Mit. Con il Piano del Mare Musumeci si è ripreso tutto e molto di più. Il documento interviene su tutto il settore logistico, portuale e dello shipping. Con buona pace di Salvini.
Il piano si esprime su ogni cosa. Dal lavoro portuale a quello marittimo, dalle ZES e ZLS, al traffico merci e passeggeri, alla logistica. Con tanti suggerimenti di semplificazione che in realtà andrebbero letti come proposte di deregolamentazione e di messa in discussione di processi che salvaguardano lavoro e imprese. Entriamo nei particolari. Ad esempio, sul ritiro dei rifiuti dalle navi, si propone di aprire il mercato, superando le gare europee per garantire il servizio bandite dalle Adsp. Vuol dire che ogni armatore potrà scegliersi l’impresa che ritirerà i rifiuti, con gli immaginabili rischi rispetto al conferimento e al rispetto delle norme.
Per non parlare del capitolo dedicato alle Autorità di sistema portuale, le Adsp. Il Piano del Mare suggerisce di trasformarle in imprese, in partenariato con i privati. E di dare più spazio ai privati. Insomma, restaurazione, più che riforma. Si torna indietro di 30 anni. Quando, prima della legge 84/94, gli enti portuali, i consorzi, erano imprese che totalizzavano 1.200 miliardi di lire di deficit. A decidere era l’utenza portuale: spedizionieri, agenti marittimi, armatori. Con la riforma si sono invece privatizzate le gestioni delle operazioni portuali, con le strategie e il ruolo di garante alle Adsp. Oggi la natura giuridica delle Adsp come enti non economici a ordinamento speciale consente loro, in quanto essi costituiscono soggetti per il mercato e non del mercato, di avere una posizione di terzietà con cui svolgere un ruolo di mediazione e di vigilanza.
Leggere la composizione della commissione che ha elaborato il Piano è istruttivo. Si nota la presenza dell’utenza portuale e l’assenza degli operatori e di Assoporti. Qualcosa vorrà dire, soprattutto visto l’esito del lavoro svolto.
Ma siccome la situazione è grave, ma non seria, c’è un’ulteriore questione politica che salta agli occhi. Il partito di Musumeci, FdI, ha presentato in Parlamento una risoluzione che esprime una posizione sulla portualità di altro tenore rispetto al Piano del Mare e di conferma degli attuali assetti portuali. Libertà d’azione e di pensiero del ministro rispetto al partito? O confusione sotto il sole agostano?