Il segretario generale Tarlazzi a ShipMag: “Nei Comitati di gestione una rappresentanza delle parti sociali”
Roma -Continua il dibattito sul Piano Mare presentato dal Ministro Musumeci che ha scatenato le reazioni degli operatori del settore e dei sindacati che hanno espresso diverse perplessità sottolineate anche nell’editoriale del nostro Direttore Teodoro Chiarelli. E il Segretario Generale della Uiltrasporti in questo intervento a ShipMag mette in evidenza alcuni aspetti.
”Quello che più preoccupa del Piano del Mare presentato dal Ministro Musumeci non è solo nei contenuti quanto nell’assoluta confusione che regna all’interno del Governo, con un Ministro dei Trasporti che sembra più impegnato nelle lotte interne alla maggioranza che non ai temi centrali del dicastero che rappresenta e un ministro del mare che presenta un piano nonostante la già annunciata volontà da parte del MIT, di rivedere e aggiornare la riforma dei porti. A tutto questo si aggiunge la discussione aperta sulla governance delle AdSP, che punta a modificarne la natura giuridica aprendo ad un sistema pubblico-privato, che potrebbe far venir meno la necessaria terzietà. Questo determinerebbe squilibri nell’ambito della concorrenza e dello sviluppo dei traffici, favorendo grandi gruppi privati per lo più stranieri e mettendo a pregiudizio l’autonomia dello stato con conseguenze dirette sullo sviluppo armonico dei porti e sul piano occupazionale. Una confusione totale quindi, che rischia di danneggiare enormemente un settore cruciale per l’economia del nostro Paese come quello della portualità.
Il lavoro portuale è da sempre il fulcro dello sviluppo dei sistemi portuali e la recente emergenza pandemica non ha fatto altro che confermarlo, laddove a dispetto delle difficoltà, questi lavoratori hanno in ogni caso garantito il traffico delle merci in entrata ed in uscita e dunque l’approvvigionamento del nostro Paese. Per questo motivo è fondamentale che, quando si parla tanto di Piano del Mare quanto di Riforma dei porti, le parti sociali partecipino ai processi decisionali, fornendo il loro contributo in termini di crescita. La decisione ad esempio di estromettere le parti sociali dai tavoli degli organi decisionali delle AdSP, assunta nella riforma del 2016 “Delrio”, si è dimostrata profondamente errata, lasciando affiorare quelle fragilità che in alcuni contesti hanno finito per ingessare le attività dei Comitati di gestione. È indubbio che la riforma dei porti del 2016 e 2017 abbia bisogno di aggiornamento e ammodernamento, ma è altrettanto fondamentale a nostro avviso che il MIT assuma il controllo sull’intero sistema portuale scongiurando la nascita di monopoli privati che minerebbero alla base i principi di concorrenza, aperta e regolata, che sono il fulcro della legge 84/94. Come già abbiamo avuto modo di illustrare al Vice Ministro Edoardo Rixi in un documento che gli abbiamo recentemente indirizzato, gli interventi che secondo noi andrebbero attuati attraverso un articolato piano di riforma dei porti sono quindi:
- Maggiori poteri del Mit e alla Conferenza Nazionale di coordinamento delle ADSP per svolgere un ruolo di regolazione del mercato. Tale potenziamento consiste nell’ impegnare direttamente il Ministero nelle fasi strategiche del sistema portuale tanto per la pianificazione e per la realizzazione delle infrastrutture anche valorizzando le vocazioni specialistiche di ogni porto, quanto per evitare posizioni dominanti.
- Il coinvolgimento del mondo del lavoro nelle fasi decisionali delle AdSP; pertanto occorre introdurre nei Comitati di gestione una rappresentanza delle parti sociali stipulanti il CCNL dei porti. Inoltre occorre reintrodurre la Commissione Consultiva Centrale prevista all’art. 15 co. 3 della L. 84/94 (comma abrogato con la L169/16).
- Il ruolo di “regolatore” delle Autorità rappresenta un punto fermo sul quale non è possibile derogare, pertanto va mantenuta la natura pubblica e nel contempo occorre superare l’attuale difficoltà di drenare risorse comunitarie per lo sviluppo delle infrastrutture portuali.
- Rafforzare la natura privatistica e riaffermare l’applicazione unicamente dei principi del Titolo I del Dlgs 165/01 ai dipendenti delle AdSP e superare le attuali distorsioni interpretative che stanno portando questi lavoratori sempre più nell’alveo del pubblico impiego.
- Rendere esigibili e non più variabili le previsioni legate al 15bis con la sostituzione del “possono destinare” con “destinano fino ad un massimo del 15%”.
- Il riconoscimento del lavoro usurante ed emanazione del decreto attuativo del fondo di accompagno all’esodo. Entrambe le misure sono indispensabili al necessario cambio generazionale propedeutico a rendere la forza lavoro più performante ed in grado di rendere competitivo il sistema portuale nazionale.
- Istituzione/potenziamento degli uffici “lavoro portuale” in seno alle AdSP con la creazione di un criterio numerico che metta in relazione i numero delle lavoratrici e lavoratori ed il numero di ispettori portuali a cui vanno assegnati poteri sanzionatori. Tale norma si rende necessaria per via dei troppi infortuni, troppo spesso mortali, che con un’attività più puntuale e capillare degli ispettori, in sinergia con gli RLS di Sito, costituiscano un presidio permanente di salute e sicurezza dedicato al controllo, alla prevenzione ed alla promozione delle buone pratiche.
- Ultimi, ma non per importanza, tra gli argomenti che riteniamo urgenti in materia di lavoro, sicuramente spiccano le norme di adeguamento dei decreti 272/99 e 271/99 in materia di sicurezza portuale e marittima”.